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Il dialetto vive nel cuore della gente.

(di Mimmo Aliota, da I racconti della sera - storie vere di vita viestana - 1998)

copertina del libro I racconti della sera

Una indagine recente (I996) eseguita su ben ventunomila nuclei familiari, ha dato i seguenti risultati: la Toscana è la regione in cui si usa di più la lingua madre; in Veneto e nel meridione è maggiormente diffuso il dialetto. Nel complesso círca 24 milioni, il 44,6% del totale, le persone che parlano solo o prevalentemente l'italiano in famiglia; circa 15 milioni (28,8%) quelli che alternano l'italiano al dialetto e 12 milioni e 600 mila quelle che usano il dialetto.
Il dialetto quindi non è morto, è una specie protetta, con pericolo di estinzione.
Per stendere le cuoia al dialetto, senza peraltro riuscirci, si sono messi di puzzo buono in molti. In un'altra occasione li îndividuai negli insegnanti scolastici, a cominciare da quelli delle elementari, nei negozianti e in certi artigiani, per ragioni di bottega. Ma non furono i soli. Per molti il dialetto rappresentava il retaggio oscuro di una condizione umiliante di degrado sociale.
Non era così, naturalmente; qualsiasi linguaggio altro non è che lo strumento più antico di comunicazione tra gli uomini. In esso si ritrovano, tangibili ed evidenti, i segni, oltre che della storia, della genialità di una comunità, di un popolo, di una nazione, e questo lo fa oggetto di studio appassionato anche a livello accademico.
Ma a proposito di impegni profusi per far fuori il dialetto, me ne hanno raccontato uno assai di recente, che merita di essere conosciuto, oltre che per l'autorità degli ideatori, anche per la perfida semplicità del congegno.
Il luogo dove si praticava era il Seminario Arcivescovile di Manfredonia, luogo di educazione religiosa e civile di primaria importanza.
Negli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale vi confluivano schiere di ragazzi un po' da tutti i paesi della diocesi. Ci possiamo immaginare una specie di Torre di Babele con tanti dialetti in lizza. Ci fu chi pensò di porvi rimedio, e ci riuscì con uno strumento facile facile, capace di combatterlo anche a livello dei rapporti interpersonali, che erano quelli che meglio sfuggivano al controllo dei superiori.
Funzionava così: il Prefetto, che era l'addetto alla vigilanza dei ragazzi, teneva sempre a portata di mano una piccola chiave che passava al primo che si faceva sorprendere a pronuniciare una espressione dialettale, Questi se la teneva e a sua volta la passava al compagno che cadeva nella trappola. E così di seguito, per tutta la giornata.
Poi dopo la cena e prima della ricreazione serale, il Prefetto riuniva i seminaristi e chiedeva la restituzione della chiave. Il malcapitato che la teneva doveva appartarsi e non partecipare alla ricreazione, restando in silenzio per tutto i! tempo. Era insomma uno scherzo da preti.
II dialetto non è fatto soltanto di parole; chi lo parla e lo sa parlare bene, condisce ogni frase, ogni espressione, i modi di dire, ogni parola, con gesti, suoni, contorcimenti mimico-espressivi di straordinaria efficacia, Pensate a quanti signifieati diversi dà adito la pronuncia di una sola esclamazione, poniamo la ah!, accompagnata dai suoni e dai gesti che ci sono pervenuti dalla tradizione. Proviamo *.

Ah!...     per dire: Che dolore!
Ah ah! per dire: Mo vën u bell!
Ah ahl per dire: Putëv mëy p'nzá ke avëva suččëd...
Ah ah ah! per ridere a crepapelle.
Ah! per dire Mo m'arr'còrd!
Ah? per dire: Allabbùn u dič?
Ah! per dire Nind d' mën!
Ah ah! per dire: Mo č' n' vën lok lok!
Ah? per dire: Akkòm la pinz' tu?
Ah? per dire: Chè ditt?
Ahl per dire: A 'mbé? Akkussì starn i fatt!
Abl per dire: Ah frač'tòn!
Ah! per spingere il cavallo o l'asino ad aftrettare il passo.

e chi più ne ha più ne mette.


* Le espressioni dialettali sono state il più possibile armonizzate ai presupposti sintattici del dizionario Della Malva-Lopriore. Nell'immagine che segue le espressioni dialettali così come scritte dall'autore.

le esclamazioni Ah secondo Mimmo Aliota

ultimo aggiornamento: 12/2020

e-mail: franco.frascolla(at)gmail.com

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